Betwen
Labirinti mentali
Il labirinto mentale perde acqua inesorabilmente, le fondamenta sono state
scavate.
Fino al mare.
Dedalo, il Minotauro e associati, con statue di bronzo animate al limite delle porte
scolpite che indicano per riferimento l’aporia, hanno un apparecchio per volare:
forse: un elio coptero, detto con un po’ di leggerezza francese, non stona.
Per uno stato mentale con pensiero dominante in sconfinamenti invasivi sopra isole
e continenti.
Vedi tu, cerca nell’humite il principio di associazione di idee.
Forse ancora verso le possibilità con probabilità del singolo in super abile: conduce
al confine della musica sopra sotto ai lati, torna la terra che sta in cielo desertata da
un’ oasi, vedete voi, l’universo chiuso all’infinito non sfondabile dalla
contemplazione dei pazzi se non attraverso la doppia dissolvenza incrociata del
pensiero: scorciatoia non consigliabile.
Per la filosofia dell’arte nel labirinto sono più le entrate e le uscite che le mura del
cervello, divinità penate delle tonalità emotive: intendi umori.
Altro è il ricordo che avanza a dismisura e si pente della memoria che conquista
senza permesso la parola e intanto cede all’immagine la dimenticanza, sorta di droga
che cura la forma ammalata della presenza.
Per Giulio
Le mappe di Giulio Perfetti sono fogli di carta inaccessibili alla comprensione, a bella
posta.
Il delirio unificante del vedente si perde nello smarrimento di Mnemosyne,
è inutile cercare non portano a niente, se non ad un’estetica perfetta desolata e
sconnessa.
Il taglio ricomposto prova a tenersi in piedi con vertigini.
Vi è un che di scientifico sospeso, le parole negano l’immagine e l’affermano
in vani tentativi di sutura, con indicazioni blande.
Se appare un che di genere umano viene accecato e detronizzato dal corpo.
Noi siamo una lettera memore affettiva con domanda, punti con tentativi di
risposta nascosta.
Tutto sbiadisce nell’otto che non cade per almeno fingere l’infinito.
La casa e il labirinto sono la norma.
Qualcosa non funziona nei punti di fuga rossi.
Alcune buone ragioni, non per noi, vagano tra i denti o selci, ovvie e impossibili.
Per Serena
L’estetica + drammatica – ironica di Serena Giorgi si fonda su micro buchi neri
o coriandoli persi nell’universo mentale, i piccolissimi granelli di sabbia del deserto
sono almeno visibili e li sospende, filosoficamente, dentro una scatola deserta;
a sfogliar pagine vi è un’espansione del labirinto, incerottata per sostenere un
guanto, un apprensivo vuoto, più che una mano che sfonda circoli immobili con
pallina di riporto è un tocco di poesia.
Non si sa dove andare, almeno dentro i suoi libri che tornano e ritornano dentro
pieghe che evitano il figurativo origami per la papiroflexia concettuale.
Giovanni Prosperi
immagini della mostra
Serena Giorgi / Giulio Perfetti
La grande tavola collage su appunti, 2017 (installazione)
immagini della mostra
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